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Hitten, stop shot me.

By Giugno 1, 2006No Comments

Di sicuro non sono un guerrafondaio, nè tantomeno un tipo violento ed aggressivo, ma giocare alla guerra mi è piaciuto da matti. In qualche modo mi ha riportato ai tempi di quando ero bambino e con gli amici giocavamo alla guerra con i fucili ad elastici.
Mi vengono in mente le imboscate, gli scontri frontali, le attese, le strategie… le ritirate.

La cosa divertente è che quando abbiamo consegnato le armi ai corsisti, stimabili managers dai quaranta in su, provenienti da tutta Europa, questi hanno letteralmente cambiato espressione. Sembravano dei bambini a Disneyland. Ho impresso nella mente le facce di alcuni mentre inseriscono il caricatore e imbracciano il fucile mitragliatore… avreste dovuto vederli.
Erano in 15 ed avevano tre missioni da compiere: recuperare un pilota superstite, difendere una postazione radio ed infine attaccare il campo base nemico. Ovviamente il nemico eravamo noi: io, Falco (la mente geniale di tutto l’ambaradan), Alle (lo stratega), Pacci ed Alessio. Dario era un reporter che girava vestito di arancione per non farsi impallinare mentre filmava le azioni di guerra, ma nella difesa del campo base si è unito a noi.
Eravamo 5 contro 15, ma decisamente ben equipaggiati. Io usavo un M16 munito anche di lancia granate con puntatore laser. Ero un vero e proprio cecchino. Falco…non parliamone nemmeno, quando l’ho visto sbucare completamente travestito da cespuglio, non ci potevo credere.
Comunque eravamo convinti di poter reggere il confronto nonostante la differenza numerica, e così è stato, ma non avevamo preso in considerazione il fatto che potesse esserci tra di loro un ex militare di carriera. 20 anni di esperienza militare, possono bastare? Era uno stratega e sapeva davvero come muoversi e come muovere i propri uomini. In un paio di missioni ci hanno letteralmente impallinato.
Nonostante fossero “solo” pallini di plastica, vi posso assicurare che sentire il rumore di una raffica di proiettili contro l’albero dietro cui ti ripari non è gradevole, senza parlare poi di quando quei proiettili ti colpiscono nei pochi spazi di pelle che non riuscivamo a proteggere.

Il “militare”, complice l’inaffidabilità bellica di Pacci, mi ha letteralmente impallinato e fatto nero da meno di due metri di distanza. Mi ha scaricato non so quanti pallini addosso: in testa, sul collo, nelle gambe e sul dito della mano (che ora sembra un salsicciotto Vismara) mentre cercavo di proteggermi la testa.

Più ci penso e più mi rendo conto di quanto sia stato fortunato a non aver vissuto in prima persona la realtà di una guerra. La nostra era solo una finzione, un gioco, per quanto ben riprodotto. Nel mondo sono in corso innumerevoli guerre e milioni di persone ne vengono coinvolte in un modo o nell’altro. Guerre vere, dove i proiettili fischiano e quando ti colpiscono non ti permettono di dire “Hitten, stop shot me”.

Livio

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