Cosa rende una persona felice o infelice? Quanto ciò che ci accade determina il nostro successo e/o felicità?
Spesso alla domanda “quali sono i motivi per i quali non sei felice o non ottieni successo?” la gente da risposte del tipo: mancanza di soldi, di tempo, di conoscenze, per sfortuna, per colpa del mio capo o dei miei genitori etc.
Se ci fate caso è sempre colpa di qualcuno o qualcosa. Si guarda sempre fuori e mai dentro di sè. E’ più facile incolpare qualcun altro piuttosto che assumersi la responsabilità del proprio insuccesso o infelicità eppure, sarebbe una chiave di successo incredibile.
Ieri ho conosciuto una persona, di quarantanni, conoscente della Silvia, che dopo oltre dieci anni di matrimonio è stato lasciato dalla moglie. Cose che succedono, da sempre. A distanza di oltre un anno, ancora non si è ripreso. “Non me l’aspettavo proprio, mi ha segato letteralmente le gambe. Mi ha distrutto la vita e non riesco a riprendermi. Ricostruirsi una vita da zero a quarantanni è dura…”. Questi sono alcuni esempi della linguistica utilizzata durante il suo racconto e la sua fisiologia era in effetti molto provata, l’espressione in volto, manifestava un’emozione ancora viva nonostante i mesi trascorsi dall’abbandono.
Ora, senza entrare nel merito della questione, giudicando il giusto e lo sbagliato e chi ha torto o ragione, questa storia mi ha fatto riflettere molto. Mi chiedevo se l’infelicità di questa persona dipendesse davvero dall’abbandono della moglie o se ci fossero altre cause. Analogamente, mi chiedevo se in generale il successo e/o il fallimento dipendessero da fattori esterni oppure no.
Nell’esempio del quarantenne, sono profondamente convinto che la vera causa della sua infelicità fossero riassumibili in tre punti:
1- Su cosa ha deciso di concentrare il suo focus. Sicuramente si è focalizzato sull’abbandono e lo ha fatto con assiduità e costanza, per oltre un anno quotidianamente.
2- Il significato che ha attribuito all’accaduto. Lui ha usato testuali parole: ” mi ha distrutto la vita; a quarantanni è dura ricominciare da zero” a testimonianza di un significato esclusivamente negativo attribuito a quanto successo.
3- come ha reagito a tale significato. Ciò che ha fatto è stato chiudersi in se stesso, uscire sempre meno ed isolarsi. Lamentarsi di continuo ed autocommiserarsi.
Tengo a precisare che provo empatia nei suoi riguardi, lo capisco e mi rendo conto della sofferenza che si prova dopo un abbandono, tuttavia mi impongo di rimanere oggettivo e lucido nell’analizzare le vere cause che portano al benessere o al malessere emozionale, perchè solo in questo modo si riesce a guardare in faccia la realtà e ad affrontare le proprie sfide.
credo sia "doveroso" per se stessi e per gli altri acquisire lo spirito di "accettazione degli eventi", mettendo da parte la presunzione di essere solo vittima , e non carnefice. Tutti gli esseri umani,ma proprio tutti (anche i più filantropi) ricevono del male e del bene, fanno del male e del bene…bisogna cercare di essere onesti (ahimé, quanto é difficile!!!).
Accettare, per me, non significa non soffrire (quanto fa male non sentirsi più amati e desiderati?); la sofferenza la vedo come "la medicina amara" che però risana…condivido la parola "responsabilità"…ne aggiungerei un’altra: il "rispetto". Per la nostra vita, il potenziale vitale che va sfruttato, e non lasciato distruggere da un equilibrio che tale non é più…
Ho letto il tuo libro istruzioni per vincere e sto cercando di applicarlo leggendolo più e più volte. Ciò mi serve perchè quei concetti di cui tu scrivi sono lontanissimi dalla mia personalità e quindi tendo a dimenticarli facilmente nella pratica ( mentre ho una memoria di ferro nel ricordarmi tutte le delusioni, i rifiuti a partire dalle scuole elementari..). Tu insegni a gestire le emozioni allontanando le negative e avvicinando le positive. Penso che se potessi riparlare con il quarantenne abbandonato gli faresti cambiare il suo focus mentale, proveresti a cambiare le sue credenze negative (ad esempio se è vero che è dura cambiare a 40 anni è anche vero che sicuramente c’è qualcuno che ci è riuscito a 50), gli faresti togliere dalla testa domande del tipo perchè mi ha lasciato? gli faresti cogliere le opportunità da questa situazione. Domanda: potresti cancellare il suo amore? Ti faccio questa domanda perchè (sicuramente sbaglio) tendo a vedere come risultato finale del tuo operare persone superconvinte ipercompetitive( tra jordan e earl manigoat preferisco il secondo perchè amo il talento puro; se non sai chi è earl guarda su internet o il film rebound, ti piacerà) poco empatiche( io per i miei insuccessi ho sempre dato la colpa a me stesso e lo credo veramente però che la sfortuna non esista per niente non nel mio caso ma in altri beh sarà dura farmelo credere). Sarebbe bello per il quarantenne ritrovare la fiducia in se stesso(concetto per me sempre vago assimilabile al concetto di credere in Dio) e ripartire grintoso. Però alla scena di questa persona che passa da una storia all’altra, ringiovanito d’improvviso preferisco una persona che rimette insieme i propri cocci, si tiene comunque il suo dolore e riparte con umiltà(lo so che tu non vuoi assolutamente cancellare i sentimenti ma forse per problemi "mentali" miei leggendo i tuoi scritti mi vengono in mente persone così..). So che mi risponderai personalmente quindi ringrazio anticipatamente.
Caro Francesco,
se dovessi lavorare con "quel quarantenne" in effetti farei quello che hai scritto. Gli cambierei il focus, gli farei cercare le oppoprtunità insite in quella situazione, etc etc. Mi chiedi se gli cancellerei l’amore? No, non lo farei neanche se fosse possibile. Se c’è una cosa bella è amare, ma in questo caso il vero problema non era quello. La persona in questione non ha accennato minimamente all’amore che provava nei confronti di sua moglie ma solo al senso di abbandono e alla difficoltà di ricostruirsi una vita.
Rialzarsi dopo una dura sconfitta o delusione è sempre doloroso, ma il dolore può essere anche terapeutico. Non si può cancellare il passato (e non sarebbe neanche giusto farlo) ma si può cambiare il suo significato. Questo è il segreto.
L’immagine che hai delle persone "poco empatiche" come risultato del mio operare, credo che sia molto lontana dalla realtà. Sicuramente aiuto le persone a non piangersi addosso e a non commiserare gli altri ma questo non significa mancanza di empatia.
La realtà è che la vita prosegue, comunque. Con o senza di noi.
A noi la scelta se ricostruire qualcosa e cercare di essere felici nella nuova condizione, oppure se andare alla deriva. Questa decisione prescinde dal dolore che si prova.
Conosco persone che pur soffrendo, vivono, nel vero senso della parola. Altre invece passano il loro tempo ad incolpare gli altri e ad autocommiserarsi. Abbiamo il potere, il diritto e, secondo me, anche il dovere di scegliere.
Ciao, a presto.
Premetto che non disturberò più. La risposta che dai è appropriata. Credo che per i tuoi libri il testimonial perfetto sia Filippo Inzaghi(da sempre il 100% di quello che è e può sbagliare goal incredibili senza farsene condizionare). A proposito dei tuoi libri, nella seconda edizione di istruzioni per vincere(ho comprato entrambe) rifai l’errore di dire che i Green Bay Packers sono di Miami mentre sono proprio di Green Bay( l’unica cittadina USA di 100.000 abitanti che ha una squadra NFL). Scusa ma per chi è cresciuto a pane e gazzetta per più di 20 anni queste cose sono importanti. Grazie ancora per la risposta.
Hai ragione, in effetti sono proprio di Green Bay.
Ssssttt…non diciamolo a nessuno!!!
😉
Hai completamente ragione! Ho un buon amico che sempre mi dice” non aspettare che le cose vengano da se’! Sii tu a farle avvenire!” parole saggie come le tue, ma ci sono persone a e’ difficile fare le cose. Solo noi siamo responsabile della nostra vita, della nostra felicita’ e successo….. ma non lo capiamo mai