Reggio Emilia mi piace perchè è a misura d’uomo. Puoi scegliere di uscire a piedi e passeggiare per il centro o andare in giro con tua figlia in bicicletta con discreta tranquillità.
L’altro giorno eravamo in centro, nella piazza dei leoni, davanti alla chiesa. Alice ci ha chiesto di entrare a vederla.
Non uso frequentare le chiese e di conseguenza anche lei ha avuto poche occasioni per farlo, così ho deciso di entrare.
Non conosce i rituali e la reverenza dello stare in chiesa ma era evidente che ne percepiva una certa sacralità.
Ci siamo seduti in prima fila. C’erano alcune persone che pregavano, altre che stavano facendo dei piccoli lavori di manutenzione. Vicino a noi una signora anziana, che piangeva e parlottava con una signora più giovane in modo sommesso.
Riuscivo ad intuire che stavano parlando della recente scomparsa del marito della più anziana. Ad un certo punto ho sentito la donna commentare la morte del marito dicendo: “il destino ha voluto portarmelo via”.
Ora, posto che rispetto il dolore della donna e che non mi permetterei mai di giudicare chichessia di fronte alla morte ed al dolore, quelle parole mi hanno fatto riflettere per un bel po.
Innanzitutto penso che prima ancora del destino, ci abbia messo lo zampino la natura. Quando la morte sopraggiunge in età avanzata, è la naturale fine biologica di un ciclo. L’organismo non è fatto per vivere in eterno, ha un limite. Il fatto è che facciamo difficoltà ad accettarlo. L’istinto alla vita è molto forte e spesso ci impedisce di vivere con serenità il momento del trapasso. Spesso gli anziani sono più attaccati alla vita rispetto i giovani.
E’ evidente che non sto più parlando di quella signora e di suo marito, non li conoscevo nemmeno. Sto parlando in generale. Vorrei che si distinguesse l’istinto naturale di conservazione e sopravvivenza con la paura della morte e l’attaccamento razionale alla vita.
L’istinto di sopravvivenza è inconscio, è una forza vitale e non ragionata che ti porta a combattere per vivere e a non lasciarti andare. L’attaccamento razionale alla vita invece è figlio di un pensiero ragionato e di una bramosia a voler vivere il più a lungo possibile, senza rendersi conto che non sempre una lunga vita è sinonimo di una bella vita. Viceversa una bella vita è sempre lunga abbastanza.
Credo che l’unico modo per riuscire a vivere la vecchiaia con serenità sia quello di riuscire a vivere una vita appagante e ricca (spiritualmente, emozionalmente etc.) affinchè la mia anima si possa ritener appagata da ciò che ha esperito qui sulla terra e sia pronta per passare ad un livello superiore.
Qualche tempo fa, sentii in radio uno slogan pubblicitario che diceva pressapoco così: non ti serve a nulla aggiungere più anni alla tua vita, ciò che conta è aggiungere più vita agli anni.
Bella riflessione Livio.Constato che l’orientamento generale è pero’ quello di aggiungere anni alla vita senza preoccupasi della felicità degli individui durante questi anni.
Il motto della nostra società sembra essere :produci , consuma e crepa….e fallo durare per un bel po’.
Ottimismo: partendo da noi stessi possiamo cambiare.Piano piano.
Ciao
…Infatti… non aspettiamoci la felicità dagli altri, va cercata nella nostra voglia di vivere con "coraggio" tutto ciò che si presenta nel nostro percorso…neanche tanto piano piano, credo…
Una delle espressioni più belle dei "creativi" (artisti, scienziati, l’uomo da marciapiede…) é questa: "bisogna RUBARE quanto di bello vediamo con i nostri occhi"…rubarlo alla natura, ad altri esseri umani positivi(perché ce ne sono)..tutta l’energia delle cose grandi e belle……………..la società é crudele e divora le menti (per averne il controllo?)….NON LASCIAMOCI DIVORARE……RUBIAMO le bellezze della vita, e facciamole nostre…